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Alimentazione: quanto incide sul rischio di ammalarsi di cancro

Un’alimentazione sana ed equilibrata può aiutare a prevenire malattie al cuore e tumori.

Alimentazione: quanto incide sul rischio di ammalarsi di cancro?

Un’alimentazione sana ed equilibrata è ciò che può aiutare a prevenire malattie al cuore e tumori. Non è facile fare calcoli precisi di quanto ciò che si mangia incida sul rischio di tumore ma, secondo l’American
Institute for Cancer Research che si basa a sua volta sui maggiori studi
epidemiologici, le cattive abitudini alimentari sarebbero responsabili di
circa tre tumori su dieci. Se a ciò si somma l’importanza della nutrizione
per la prevenzione dell’obesità e della sindrome metabolica, che a loro volta provocano anche malattie cardiovascolari, si capisce quanto importante sia ciò che mettiamo nel piatto.


La relazione può dipendere dalla presenza di alcune sostanze che favoriscono la malattia: alcuni esempi sono i nitriti e nitrati, utilizzati essenzialmente come conservanti negli insaccati e collegati al cancro del colon. Altre volte non è l’alimento in sé, quanto la sua cattiva conservazione, a essere un problema: per esempio, nei cerealimal conservati si sviluppano muffe che liberano aflatossine, sostanze molto cancerogene. Anche la tempistica è importante: numerosi studi hanno dimostrato che è fondamentale alimentarsi correttamente fin da piccoli, ma allo stesso tempo non è mai troppo tardi per cambiare.


Alcune ricerche hanno dimostrato che, anche dopo la diagnosi di tumore, il paziente può trarre vantaggi da una dieta più sana. Il cibo può essere una grande arma di prevenzione, a patto che si comprenda fino in fondo cosa significa mangiare bene. La letteratura scientifica fornisce numerose informazioni utili, anche se i risultati degli studi non sono sempre semplici da interpretare.



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Cancro al seno: le verdure nella dieta potrebbe avere un ruolo determinante in termini di sopravvivenza

Una alimentazione che comprenda buone quantità di verdure si ritiene aumenti le possibilità di sopravvivere a lungo, libere da recidive dopo diagnosi di neoplasie della mammella.
Le pazienti dovrebbero includere molte verdure, in particolare le crucifere come broccoli e cavoli. Secondo gli scienziati, infatti, proprio il consumo di questo tipo di verdure, è legato ad un calo dei tassi di morte per tumore della mammella e non solo questo.

A sostenere che mangiare broccoli e cavoli, sinergizzi con le terapie per la cura del tumore al seno, sono i ricercatori della Vanderbilt University, di Nashville (Stati Uniti) i quali hanno seguito per cinque anni un gruppo di quasi 5.000 pazienti e lo studio EPIC condotto presso l’ Istituto dei tumori di Milano.
Lo scopo era proprio di individuare quali fattori potessero influire sul decorso della malattia, nel bene o nel male.

I dati raccolti hanno permesso di scoprire che, in effetti, il consumo di crucifere avesse un ruolo nella riduzione dei tassi di recidiva e sopravvivenza globale. Nello specifico si è rilevato che le donne che includevano nella propria alimentazione un buon numero di queste verdure durante i primi tre anni dalla diagnosi, vedevano ridursi le probabilità di decesso per la malattia.

Chi pertanto aveva aumentato l’apporto di crucifere poteva avvantaggiarsi di una riduzione del rischio del 20% circa. Riguardo la morte per tutte le cause, il rischio diminuiva comunque del 15%. Percentuali di tutto rispetto.

L’analisi della dieta seguita dalle donne ha anche permesso di stabilire come vi siano differenze nelle abitudini alimentari tra l’Oriente e l’Occidente. In particolare, in Oriente si prediligono le rape, il cavolo cinese, le verdure a foglia verde in genere, i germogli e il Bok choy, un tipo di cavolo cinese. In Occidente, per contro, si consumano di più i cavoli “classici”, quelli di Bruxelles e i broccoli.. In ogni modo, quale che sia il vostro ortaggio preferito, l’importante è che sia uno di questi che sono notoriamente ricchi di sostanze antiossidanti e dunque preventivi per neoplasie maligne, come suggerito da numerosi studi.



La cancer coach Mara Mussoni intervista l'Oncologa Simona Casadei

Quali alimenti aiutano a tollerare meglio la chemioterapia? Quali invece sono consigliabili durante la terapia ormonale? La D.ssa Simona Casadei è Medico Oncologo esperta in nutrizione e ci aiuterà a capire come l'alimentazione può essere d'aiuto nelle varie fasi che attraversa chi sperimenta il cancro.Tanti preziosi consigli da un'esperta di nutrizione, nonché oncologo e donna che ha superato lei stessa il cancro!Per non perderti i prossimi video, iscriviti al mio canale YouTube https://goo.gl/zncFjy – Riprese e montaggio a cura di www.officinavideo.it –

Pubblicato da Cancer Coach Mara Mussoni su Venerdì 4 agosto 2017

 



Si fa un gran parlare su riviste, libri di oncologi più o meno noti e addirittura in televisione, della dieta anticancro; non esiste una dieta anticancro, esistono delle regola ormai anche pubblicate su riviste autorevoli come il Journal of Clinical Oncology Nutrition, ecc, le quali indicano con una certa precisione quali sono i comportamenti alimentari più consoni con alcuni alimenti rispetto ad altri ed un miglioramento di tollerabilità ai trattamenti da parte dei pazienti. In primis, l’atteggiamento più comunemente esposto è quello di condannare tutta la carne: la carne acidifica come alimento in sé e le cellule tumorali crescono in un ambiente acido e non in uno basico, dunque sarebbe bene ridurre il consumo per prevenzione ad 1, massimo 2 volte alla settimana (compresi gli insaccati) nei pazienti in terapia, sostituire con proteine derivanti da cereali (riso integrale, farro integrale, quinoa, amaranto che sono anche privi di glutine), legumi e qualche latticino (tipo ricotta, robiola, grana, mozzarella in piccole dose meglio se di bufala).
Poi sicuramente per tutti, consumare tante verdure fresche, crude a pranzo e cotte a cena, quando sarebbe bene associare i legumi (piselli con uova, patate con pesce; i ceci e i fagioli meglio a pranzo, gli uni con riso integrale e gli altri con insalata).
Nei pazienti oncologici si assiste quasi sempre ad una perdita di peso più o meno visibile ma sicuramente misurabile con apposite tecniche o nei pazienti che lo hanno già perso (almeno il 5% del peso originario), occorre verificare alcuni esami ematochimici indicatori di normali funzioni del fegato e rene ed indicatori di iniziali carenze energetico-proteiche o di sindrome da refeeding (specie dopo alcuni interventi, ad esempio gastrectomie, che inducono il paziente a lunghi digiuni – in maniera scorretta – e che producono una sorta di autocannibalismo delle proteine dei muscoli, compreso quello cardiaco). Rialimentare il paziente non significa però ingozzarlo in modo quasi ossessivo o fare una nutrizione parenterale standard (soprattutto se vi è un intestino funzionante) ma controllare bene le associazioni di cibo, per alcalinizzare il più possibile, ridurre i picchi glicemici al minimo, frazionare il più possibile i pasti per non appesantire la digestione, eventualmente scegliere sacche ad hoc ed iniziare una nutrizione enterale.
Inoltre, utilizzare alcune specie come zenzero, curcuma, prezzemolo, coriandolo; non solo, anche semi oleosi, noci e mandorle (meglio se spelate), cibi ricchi di omega-3, anti-infiammatori, semi di zucca, semi di lino e semi di sesamo per compensare il tutto con proteine vegetali.
Infine, si deve prestare attenzione agli integratori, che non sostituiscono il cibo e che possono avere componenti controproducenti per l’obiettivo terapeutico (soia, aloe, B12 ecc), solo un esperto di medicina integrata all’oncologia può ben consigliare, il fine ultimo comunque sarebbe di mantenere il BMI, l’indice di massa corporea, stabile e nella norma, una bassa massa grassa che permettano di aumentare la qualità di vita del paziente garantendo una compliance nutrizionale al 100%. Tutto questo è possibile personalizzando sempre la dieta nel tempo: il team di specialisti (dall’oncologo, al nutrizionista, dal chirurgo al terapeuta del dolore, ecc) dovrebbe lavorare in sinergia in ogni setting terapeutico, condividendo ogni tipo di scelta, anche quelle nutrizionali ed integrative.


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